sabato 1 ottobre 2016

Kamera Quintet - 1998 - Kamera in rock

TRACKLIST :

 01 Roundabout (from Yes)
 02 The musical Box (from Genesis)
03 Suite from Tarkus (from Emerson Lake & Palmer)
04 Warriors (Kamera Original)
05 21st Century Schizoid Man (from King Krismon)
06 Song of the Gulls (from King Krismon)
07 The snowcatlover suite (Kamera Original)
08 Suite- Acquiring the taste & cogs in cogs (from Gentle Giant)
09 Pilate's Dream (from Jesus Christ Superstar)
10 Peaches in regalia (from Frank Zappa)
11 Uncle Meat (from Frank Zappa)

Captain's Antefact: questo post, come ho avuto modo di dire ad alcuni amici e collaboratori del blog in diverse occasioni ultimamente, dimostra che la stratosfera, con l'andare del tempo, da blog dispensatore di emmepitrè rari è diventata qualcosa di altro e, consentitemelo, di più "alto". Nel nostro piccolo (lo dico sottovoce) anche noi facciamo cultura, tanto che spesso i protagonisti stessi della musica che proponiamo si fanno vivi e partecipi dei post. E' proprio il caso di Kamera in rock, arrivato a noi direttamente da Mauro Pedron (clarinettista di grandissimo talento), membro del gruppo e principale artefice dell'interessantissimo progetto "di contaminazione" che qui presentiamo. In realtà però Mauro era già apparso sul nostro blog, anche se pochi se ne erano accorti o hanno ricollegato. Egli era infatti clarinettista dell'ensemble "Novecento e oltre" che accompagnò niente di meno che Franco Battiato, Manlio Sgalambro e Giovanni Lindo Ferretti nella rappresentazione de "L'histoire du soldat" di Igor Stravinskij. A questo link trovate il lavoro in questione, e se leggerete con pazienza i commenti a quel post, capirete la genesi che ha portato ad ospitare Kamera in rock qui oggi (senza dimenticare l'intercessione del nostro grande amico Antonio LM: e poteva forse mancare, visto che nell'affaire è coinvolto Franco Battiato?). Qui concludo, scusate se son stato prolisso, non voglio rubare altro spazio a Mauro, persona dalla grande gentilezza ed umiltà, come tutti i grandi uomini ed artisti. Vi consiglio caldamente di leggere le interessantissime note che ci ha inviato, che ci danno la misura della sua straordinaria cultura ed amore per la musica, che tra l'altro non disdegna affatto il nostro amato prog rock, ma questo l'avevate capito già dalla scaletta dei brani...

"L'album Kamera in Rock è un'idea che avevo proposto al mio amico flautista Emilio Galante col quale avevamo fondato il Gruppo Kamera a Trento. Un gruppo variabile di musicisti per lo più dedicato alla musica classica del novecento e a progetti che formulavo per il territorio (appare anche in un CD per un opera che ho commissionato ad Ennio Morricone per il Lago di Garda "Vidi Aquam"). Con Emilio c'era una lunga amicizia e militanza nelle file della musica jazz, sua e rock, mia. Si studiava al Conservatorio di Bologna lui il flauto, io a quello di Trento clarinetto, si parla degli anni settanta. Solo che il flauto nel jazz, salvo pochi nomi, non era proprio adatto e così il clarinetto nel prog rock (anche se appare, riverberante, negli album del Banco): così ci si incontrava spesso nei locali a fare lunghe jam sessions, lui al sax ed io al flauto! Ho delle foto di concerti per le valli del Trentino dove indosso un lenzuolo bianco infilato per un buco al centro, il flauto e la faccia dipinta con gli ombretti delle amiche: chi vi ricorda? Col flauto mi sono presentato sedicenne da Claudio Rocchi in viale Campania e ho passato l'intero pomeriggio a contrappuntare la sua Norma del Cielo. Chiuso il capitolo 70's.

Il quintetto a fiati classico ha un repertorio per lo più novecentesco di autori tedeschi (Hindemith, Schoenberg, Stockhausen) francesi ed interessanti composizioni americane (Barber, Harbison, Carter). Lo stesso Zappa ha scritto dei brevi quintetti, praticamente sconosciuti che ho potuto acquistare direttamente da Barfko-Swill e che quindi abbiamo, col Kamera, eseguiti in prima nazionale. Anche le nostre avanguardie hanno scritto per quintetto a fiati (fl,ob,cl,fg,crn) primo fra tutti Berio col suo Number Zoo. Giungere al progetto di Kamera in Rock è stato inevitabile, dato che, nonostante una acquisita professionalità "classica" , non si è mai smesso di ascoltare anche quella musica e mai perso quella visione del mondo. Penso che, in questo modo sia più che legittima una cavalcata libera fuori dal recinto; all'incontrario, sono io il primo a indignarmi di fronte a certe operazioni, quasi di marketing, di scavalcamento di confine tra generi senza le carte in regola. La musica classica è inevitabilmente in crisi presso le nuove generazioni, ma anche presso le vecchie: pensate che, come arte, a tutt'oggi l'ascolto della maggior parte degli "appassionati" si ferma ai romantici, Mahler segna quasi le colonne d'Ercole. Il novecento, cioè la musica di un secolo fa, è ascoltata con fatica e, spesso, non compresa, parlo di Stravinsky, ma anche di Strauss, Debussy, Ravel ecc. Si ha uno stereotipo della musica classica fossilizzato. E' come se, nella pittura, non si considerassero i quadri di Chagall, Matisse, Picasso, Boccioni, De Chirico ecc. e in letteratura ci si fermasse a Proust o D’Annunzio. Quanti compositori, anche italiani, del secolo scorso in oblio per non dire in disgrazia: Busoni, Malipiero, Casella ecc.

Ecco anche perché ultimamente, per non perdere l'auditorium, si è spesso ripiegato su un alleggerimento dei programmi, una più facile spettacolarizzazione, non escludendo gags comiche, spesso al limite del decente. Ecco quindi le trascrizioni dei tanghi Piazzolla per tutti gli strumenti (il Maestro, che ho avuto la fortuna di frequentare, era mortificato già allora per l'uso barbaro della sua musica), dei Beatles, di Battisti, dei Deep Purple, interpretate con la stessa rigidità di suono, ritmo e mente dei musicisti classici. Mi sembrano tante suore che vogliono giocare al calcio. Pavarotti o la Caballé che cantano rock mi fanno lo stesso effetto, le loro voci sono impostate per la classica, il loro fraseggio è alieno; anche Di Giacomo aveva una voce potente e di registro tenorile ma il suo fraseggio, le sue inflessioni, le dinamiche che dava al canto erano perfette per il rock. E con gli strumenti a fiato è a stessa cosa, si sa che rappresentano l’emissione sonora più simile al canto: per fare questo album, per fraseggiare il rock era necessario svincolare la prassi esecutiva classica, l’impostazione strumentale rigida imparata al Conservatorio. Sostituire un organico standard rock, batteria compresa, con cinque fiati non era un’impresa da poco. Spesso i cinque fiati dovevano essere anche sinergicamente le cinque dita di Emerson, l’arpeggio di una chitarra, un riff... un sintetizzatore (sicuramente mi era stato utile sostituire col clarinetto, ai tempi, il sint di impressioni di settembre o arrischiare una Starway to Heaven con soli clarinetto, chitarra e batteria). E pure la messa in notazione dei brani è stata un’operazione interessante e complessa: a orecchio. A quel tempo non c’erano in rete quei supporti che ora si trovano e, per esempio io, non avevo internet; meglio così, spesso appoggiarsi a quei preconfezionati, generosamente pubblicati da altri, poteva sortire un’operazione non originale.

Nell’album ci sono anche due composizioni originali in stile prog: una di Emilio Galante, con una struttura più densa e sapiente ed una Suite mia di due composizioni brevi. Ho scritto questi due pezzi su ispirazione emotiva personale, due momenti belli passati con mia moglie Morena, uno a correre attorno al lago di Levico e l’altro a vederla mangiare lamponi in montagna. Il primo brano risuona evidentemente “highlander”, il lago assomiglia ad un fiordo e la struttura segue i modi di alcune composizioni dello scozzese McMillan che riesce magicamente a inserire dissonanze e tecniche d’avanguardia su strutture armoniche di base quasi popular. Il fagotto risuona i passi della corsa. Il secondo, un contrappunto quasi Bachiano fra flauto e clarinetto, è acquarellato da un ritmo anni sessanta in divenire, alla stand by me. Il resto dell’album si conosce, non serve introdurlo. Esso ha avuto un soddisfacente effetto in tutto il mondo, specie presso le fanzine degli appassionati e sulla stampa specializzata. Anche gli autori si sono fatti vivi per esprimere il loro apprezzamento, qualcuno ha criticato la scelta della copertina (“ a little over the top!” Shulman). Tutto ciò per lanciare, spiritosamente, un teorema personale che ne parafrasa uno divino: “ è più facile per un musicista rock suonare musica classica che per un musicista classico voler suonare il rock.”

Una piccola aggiunta, visto che ormai ho debordato: forse a qualcuno è giunta qualche notizia su un festival che qui in Trentino si fa l’estate in alta quota “I Suoni delle Dolomiti”. E’ un mio progetto che ho diretto per una decina d’anni ed ora procede d’inerzia; è stato definito un progetto davvero originale ma, per chi come noi ha passato l’adolescenza sui prati ad ascoltare i concerti nell’assoluta informalità, Parco Lambro per citarne solo uno, e con in testa il mito di Woodstock, cos’altro di musicale poteva pensare su un prato in montagna? Grazie Robi per l’ospitalità. Cari saluti a tutti e grazie per la vostra attenzione. Mauro
"

KAMERA QUINTET

Emilio Galante: flauto
Luca Avanzi: oboe
Mauro Pedron: clarinetto
Steno Boesso: fagotto
Stefano Rossi; corno


Post by Mauro Pedron & Captain

1 commento:

  1. Hello Maudro and captain.
    Very interesting!
    Thanks!
    Jan (Netherlands)

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