TRACKLIST:
01 Il brigante
02 Luca Marano
02 Orta Nova 1948
04 Cantata per Rocco Scotellaro
05 Non è tempo
06 Tonino e Carlo Magno
07 Pullmann
FORMAZIONE:
Mario Acquaviva- voce, chitarra
Nadia Furlon- voce
Tommaso Leddi- mandolino
Gaetano Liguori- piano
Riccardo Luppi- fiati
Roberto Del Piano- basso
Milano, turbolenti anni ’70. All’interno dell’Università Statale impera il Movimento Studentesco che supporta la sua attività politica anche attraverso una Commissione Musicale al cui interno hanno un ruolo importante, perlomeno all’inizio, Franco Fabbri e altri membri degli Stormy Six (come si evince nel bel post di Frank-One che potete leggere QUI). Sono proprio gli Stormy Six, quelli dell’ “Unità” per capirci, il modello di riferimento di un giovane Mario Acquaviva, pugliese trapiantato, in modo non del tutto indolore, a Milano a dieci anni. In quell’ambiente così fervido Mario Acquaviva, occhiali da secchione e faccia da bravo ragazzo, si fa le ossa politicamente e musicalmente, scrive canzoni che raccontano l’occupazione delle terre dei contadini meridionali, la repressione nel Tavoliere delle Puglie, brani che cantano di briganti e soprusi, di ansie di giustizia. Con queste canzoni, una volta stretto un sodalizio artistico con Nadia Furlon ed essersi rinominati, in omaggio al celebre quadro di Pellizza da Volpedo "Quarto Stato", i due entrano nel giro dell’Orchestra, la Cooperativa ed etichetta discografica fondata appunto dagli Stormy Six e proprio su questa etichetta esce quindi nel ’75 questo primo e unico album omonimo con una estesa nota di copertina sul retro firmata nientepopodimeno che da Dario Fo, che più di una volta li ospita alla sua Palazzina Liberty, sede della Comune.
Scrive il futuro Premio Nobel: “Lei suona un mandolino lui la chitarra, si danno il cambio alla prima voce alla seconda e alla terza... ogni tanto uno tace e l'altro o l'altra va da solo o sola. Io e con me tutta la platea, ci siamo entusiasmati, divertiti, e commossi ad ascoltarli e vederli. E' importante vederli oltre che ascoltarli. Nadia e Mario mentre suonano e cantano le canzoni che loro hanno inventato... Hanno gesti brevi del collo e delle spalle a tempo e in assonanza... lento girare, inconscio, del viso quasi all'unisono... e poi un arresto legato al gesto della mano sulle corde... e poi di nuovo lo scatto delle spalle a sollevarsi e a scendere in bilancia sul tempo e il controtempo. Insomma... la danza. Le parole di quelle canzoni sono scritte con la musica... sono dentro un ritmo e un'aria. E' quasi ovvio: una canzone come "Tonino e Carlo Magno" non può nascere in due tempi,... prima la pagina in scrittura e poi, sopra, la musica, o viceversa, prima la musica e poi dentro le parole... lo si vede benissimo che note e sillabe sono uscite masticate assieme ai respiri e raddoppi di suono e di consonanti... (…) Evviva il popolo che ha ragazzi e ragazze che cantano poemi nuovi, con belle voci chiare e pulite, abbasso il potere che ha poeti catarrosi bolsi, senza allegria né rabbia… solo pessimismo e malinconica morte. Evviva Mario e Nadia che sanno cantare… sono vivi, hanno poesia e musica da regalare…e anche quando hanno malinconia… è solo per il fatto di dialettica con l’ottimismo!”
A causa del basso budget (praticamente un’autoproduzione) si dovette ridurre al minimo il piano di registrazione, limitato a un paio di giorni di studi Ariston, di conseguenza è stato giocoforza sacrificare un po' l’arrangiamento dei pezzi: il lavoro viene infatti in buona parte realizzato registrando in presa diretta le voci e le chitarre, anche se il disco vede anche la collaborazione, oltre che di Franco Fabbri in cabina di regia, di Tommaso Leddi (Stormy Six) al mandolino, del pianista jazz Gaetano Liguori, di Roberto Del Piano al basso e di Riccardo Luppi ai fiati.
Il Quarto Stato si fa conoscere ed apprezzare nel consueto giro in cui al tempo trovava spazio questa proposta di canzone di protesta militante, con diverse puntate anche all’estero (Germania, Belgio, Olanda).
Qualche freccia al proprio arco, sia detto, questi giovanotti l’avevano: due belli voci, un bel modo di stare sul palco e una scrittura che, al netto della retorica d’epoca, si stagliava su quella di altre esperienze simili. Certo, l’influenza degli Stormy Six (quelli del periodo ’72-’76) si fa sentire, ma ciò non toglie che alcune di queste canzoni abbiano una loro indubbia efficacia. Ci piace segnalare l’iniziale “Il brigante”, o “Luca Marano” liberamente tratta da “Le terre del Sacramento” di Francesco Iovine o la commovente "Orta Nova 1948" che ricostruisce un episodio delle lotte contadine (in quel febbraio il Tavoliere fu inondato di sangue contadino dalla Celere inviata da Mario Scelta).
Poi sorgono dei dissapori con l’Orchestra, soprattutto di ambito politico, e il Quarto Stato prende un’altra strada mettendo in scena lo spettacolo “Contrasto” in cui ha ampio spazio la prosa e dove vengono affrontati anche temi femministi.
Gli alterni risultati e soprattutto la fine di un’epoca e il conseguente riflusso mettono la parola fine all’esperienza Quarto Stato, i componenti del quale continuano tuttavia ad agire in ambito artistico: Nadia Furlon si impegna in un longo percorso legato al cafè chantant e all’operetta fino a fondare la Compagnia “La Nuova Operetta” con Romolo Siena, mentre Mario Acquaviva intraprende una carriera solista di grandissimo interesse cercando una suo percorso tra canzone d’autore, jazz e funk. Pubblica tra 1980 e 1987 due album (“Ballabile” e “Sogni e ridi”) e un Q Disc omonimo, lavori bellissimi in cui si proponeva come una sorta di Donald Fagen italiano, album purtroppo passati praticamente sotto silenzio, anche per una serie di incredibili odissee che coinvolsero le varie etichette che dovevano seguire e supportare il suo lavoro, fino a costringerlo a fare causa alla Fonit Cetra per non aver onorato il contratto. Vincerà la causa, ma da quel momento in poi per lui ci saranno solo porte chiuse.
La storia poteva finire qui, un altro artista bravo e incompreso di cui si è persa la memoria, ma la cosa stupefacente è che da qualche tempo quei lavori, sepolti negli archivi polverosi della discografia, stanno ritornando in grande auge soprattutto nei set di alcuni DJ illuminati. Grazie alla loro spinta, l'etichetta Archeo ha provveduto nel 2019 alla ristampa del Q disc (con il capolavoro “Notturno italiano”) con conseguente risveglio di interesse critico verso questo straordinario outsider della nostra canzone: prova ne sia il corposo articolo del bravissimo Maurizio Becker apparso sul recente numero di luglio (ancora in edicola) della rivista “Vinile” (articolo e rivista consigliatissimi), da cui abbiamo tratto alcune delle notizie che compaiono in questo post.
Ci sarà modo, in futuro, di tornare sulla produzione solista di Mario Acquaviva, perché è davvero notevole e merita di essere riscoperta
Per il momento godetevi questi barricaderi Quarto Stato, colti al momento di una giovinezza gonfia di speranze, quando la rivoluzione sembrava dietro l’angolo.
Ultima nota- “Quarto Stato” non è stato più ristampato ed attualmente non è reperibile in rete, se non un paio di canzoni presenti sul Tubo. La versione che ascoltate è stata personalmente rippata dal vinile.
Buon ascolto!
Grazie Andrea del regalo. Dopo 40 anni finalmente posso ascoltare tutti i brani dell'album. Perfetto il rippaggio. A proposito di Dario Fo, pomeriggio ho riascoltato "Scia Scià" (con Enzo Gragnaniello, le Nuove Nacchere Rosse, Nello Daniele e lo storico Nino Leone) il progetto in onore di Salvatore Alfuso, fondatore dell' ensemble politico-musicale Nacchere Rosse. Il primo album di Piero Brega lo invierò a breve a George.
RispondiEliminabravi erano bravi......però quel periodo di musica politicamente impegnata e corretta, era stucchevole all'epoca , adesso pare roba da marziani!
RispondiEliminaPremetto che pure io all'epoca ero dentro al "movimento"pur su posizione eretiche( ero più teso verso la non-violenza gandhiana ecc che verso lo scontro di classe, sfociato quindi nella lotta armata) , è giò all'epoca avevo raggiunto la saturazione da concerti degli inti-illimani, stomy six, cileni più o meno sconosciuti che ci venivano propinati in ogni piazza e festival .
La famosa canzone su Che Guevara era venuta nausea!
Quindi riascoltare questi, indubbiamente bravi, musicisti (li vidi un paio di volte almeno, all'epoca), mi dà una sensazione di nostalgia e di fastidio al contempo.
Sarà che dopo tutta quella grande sbornia di musica iper-politica mi divertì molto la canzone del liberale Lauzi:"io canterò politico", che ironizzava un pò sul quel periodo musicale/sociale!
Mario Scelba e non Scelta, i più giovani si leggano chi era, lui e i suoi scelbiatti... non che oggi sia molto meglio, purtroppo....
RispondiEliminaCerto, Scelba, grazie per la segnalazione. Il correttore a volte fa brutti scherzi...
RispondiEliminaGrazie Andrea, questo mi mancava. Personalmente questi dischi che mi riportano alla giovinezza (ero studente alle scuole superiori) e ad una certa forma di impegno politico non mi dispiacciono. Fanno parte della nostra storia.
RispondiEliminaIo all'epoca ero troppo giovane per ricordarmi bene l'atmosfera di quei tempi. Sono arrivato qualche anno dopo ma condivido il gran parte l'intervento del pregiato Osel.
RispondiEliminaComunque GRAZIE per l'eccellente lavoro che fate!!!
E' vero, è canzone politica. E' vero, alla lunga la canzone politica risulta datata e difficile da ascoltare.
RispondiEliminaPerò nel caso specifico c'è una discreta raffinatezza musicale. E poi il contesto del tavoliere è una cosa nuova, almeno per me. Ho apprezzato molto questo post. Grazie!
Ciao Andrea, ben venga la canzone politica d'autore. Ho gradito particolarmente la tua proposta. Tanti anni fa ho preso parte ad una rassegna di alcune giornate, più concerto finale, con gli autori de ''I Dischi del Sole'' (Ivan della Mea, Giovanna Marini, Gualtiero Bertelli, Alfredo Bandelli e tanti altri) ed ancora mi affiorano alla mente dei bei ricordi nell'aver imparato a conoscere ed apprezzare quei vinili. Rispetto al resto della produzione dell'epoca furono una ventata di freschezza ed impegno e a, tutt'oggi, dinanzi a certi autori melensi e disimpegnati, rimpiango quel periodo. Certo, collegandomi alle considerazioni di Osel, può sembrare un genere anacronistico e superato, ma mi ha fatto aprire gli occhi, relativamente all'omologazione, che non si curava dell'impegno sociale. Avercene di questi tempi di autori di quel livello.
RispondiEliminaEh caro Osel, ho un libro di Simone Dessì alias Luigi Manconi che nell'introduzione polemizza proprio con Bruno Lauzi per il suo uso inappropriato del termine Consecutio temporum, ma in realtà più per il suo Io canterò politico. Insomma anni nei quali discutere non era così facile come oggi su un social o un blog, ma per farlo dovevi addirittura scrivere un libro. Però c'era voglia di sperimentare, di produrre, di suonare e di cantare. Ed ecco uno di quei "strani" album one shot ben proposto e ottimamente descritto dal caro Andrea. Ho questo album e mi hanno sempre affascinato le due carriere di Mario Acquaviva, troppo sottovalutato, e Nadia Furlon, svoltata verso altri lidi. Bravo Andrea.
RispondiEliminacaro Franco, veramente altri tempi.....peraltro Lauzi era veramente su di un'altra sponda politica, lo ricordo a fare un concerto per la campagna elettorale del Partito Liberale, presenti quattro vecchietti e il sottoscritto(ben mascherato e in non lieve imbarazzo.....però Lauzi mi piaceva).
EliminaHo avuto poi modo di conoscerlo personalmente e venne nella mia scuola gratis a suonare e incontrare i miei studenti.....una bella persona.
Comunque non contestavo il valore dell'album ,che è decisamente notevole(lode ad Andrea),riflettevo solo ad alta voce sulla sbornia da musica politica che ho vissuto in quegli anni e che, adesso , sembra roba preistorica.
Ammetto che rimpiango quegli anni e quel tipo di gioventù "impegnata", ma, come qualche studente mi fa notare, è forse la nostalgia de vecchi, o l'incapacità di ritrovarsi in questo presente.
Leggevo il nuovo libro di Giovanni Lindo Ferretti, ex sodale del mio amico di adolescenza Massimo Zamboni e, pur non condividendo nulla delle sue posizioni politiche e religiose, capisco il suo senso di straniamento in un mondo sempre più alla deriva, senza idealità di sorta.....
Quindi meglio il groppo da "nostalgia canaglia" ascoltando questi vecchi canti di impegno politico che le schifezze attuali vedi trap e affini.