domenica 5 marzo 2017

Sage - 1972 - Emancipated


TRACKLIST :

1 - (It) Still Goes On  (6:37)
2 - Winds Of Change (4:52)
3 - Slow Down (5:05)
 4 - Music Is (4:04)
5 - Did You Ever Wonder (4:21)
6 - People Running (2:21)
7 - Garden Of Boom (4:14)
  
 
Non sono solito rifare post appena apparsi su altri blog, ma questa volta non ho potuto esimermi dal dare maggior luce ad una vera e propria chicca, non citata in nessuno dei nostri siti di riferimento. Pochi giorni fa infatti, sull'ottimo blog Progressive Reviews, è stato pubblicato, dall'amico Julian Ryan (che ringrazio sentitamente per la grandiosa scoperta/riscoperta), un post che da subito ha destato la mia curiosità, visto che si trattava di un disco italiano del 1972, dalla copertina decisamente accattivante per noi amanti del prog, abituati ed attirati da certe stranezze... 


Andando un po' oltre, ed indagando un po' più a fondo, ho scoperto che i Sage altri non erano se non i Four Kents (al momento di questa incisione: Charles Hilton Brown, Charlie Cannon, George Chandler, Jimmy Chambers e Stanley Evans), famoso complesso vocale composto da militari NATO americani di stanza a Vicenza che, con il passare degli anni, diventarono tra le maggiori attrazioni dello strafamoso Piper, il regno di Patty Pravo (della quale furono anche coristi, in più di un'occasione). Da menzionare anche la loro partecipazione al famosissimo film "Avventura a Montecarlo" e alla relativa colonna sonora, insieme a Trip, New Trolls, Mal e altri. Entrambi questi lavori (film e colonna sonora) apparsero, a loro tempo, sulla stratosfera. Nei primi settanta i Four Kents, tentati forse dal nuovo genere musicale imperante, decisero di variare, seppur timidamente, il loro sound, inserendo qualche contaminazione proveniente dalle nuove sonorità seventies. Per evidenziare il cambiamento, il gruppo si ribattezzò appunto Sage. A coadiuvarli nella nobile operazione, essendo i Four Kents un complesso formato da soli vocalist, intervenne una valida formazione denominata The Stump, composta interamente da musicisti italiani, nel dettaglio: Alberto Barisano (organo, piano, mellotron), Dino Cappa (basso), Franco Di Stefano (batteria), Tony Ollard (chitarra). Anche gli arrangiamenti e le (magnifiche, seppur classiche) orchestrazioni dei prezzi sono a cura del già citato Alberto Barisano degli Stump (che è anche autore di tutte le canzoni, insieme a membri dei Sage) e Marcello Faneschi. Aggiungiamo poi che il disco fu prodotto e registrato a Roma, agli RCA Studios (per la sottoetichetta Victor); fu certamente spinto pochissimo dall'etichetta, tanto che non molti ricorderanno oggi la sua esistenza...

 

Non potevo certo lasciarmi sfuggire l'occasione di pubblicare questa incredibile chicca, registrata ed uscita in italia e con la collaborazione di musicisti italiani, quindi con una precisa identità per apparire qui. Mi sbilancio dicendo che questo fu l'unico o uno dei pochissimi tentativi, in italia, di introdurre, seppur timidamente, tematiche e soluzioni progressive in un contesto schiettamente soul e rhythm'n' blues, sebbene le tentazioni pop siano ancora molto presenti. Ammirevoli comunque per il bel tentativo, rimasto purtroppo unico (per la cronaca, i Sage furono presenti al grande raduno di Villa Pamphili a Roma del 1972, uno dei concerti simbolo del rock progressivo italiano). I Sage o Four Kents che dir si voglia, comunque, erano in possesso di una fantastica vocalità e capacità di integrare le loro voci: gli impasti vocali, anche nei pezzi più commerciali, sono di notevole impatto e davvero gradevoli all'ascolto, ed altrettanto si può dire dell'arrangiamento orchestrale, provate per credere. 


Ma dove è più presente quell'aria di cambiamento di cui parlavo sopra? Già l'open track "(It) Still Goes On", che inizia come un soul rock classico dal bel riff, dopo il secondo minuto ci lascia spiazzati, interrompendosi per lasciare spazio ad un organo sommesso e, subito dopo, ad un bellissimo coro, per poi lentamente tornare al refrain iniziale. Sicuramente, ed il nome è una garanzia, l'aria di cambiamento si respira in "Winds of change", con il suo dolcissimo ed ineccepibile coro; ancor più nella successiva "Slow Down" che, seppur nella sua classicità, è introdotta da un riff su tempi impossibili, tipicamente prog. Bella anche la coda strumentale della successiva "Music is" e davvero struggente la conclusiva "Garden of boom", seppure al di fuori dei canoni del prog. In definitiva, un album davvero bello sotto più punti di vista, che penso possa accontentare palati diversa estrazione musicale e, soprattutto, è un disco interessante per quel che riguarda lo studio della musica prog in italia: non solo nei pezzi citati, infatti, è possibile notare qualche superamento del pop soul comunque imperante nel disco. In quasi tutte le canzoni, anche le più insospettabili, diversi ascolti riveleranno, per esempio, un breve assolo con effetto "wah-wah" di chitarra, una melodia di flauto traverso, un cambio di ritmo inaspettato o una melodia vocale inusuale o un arrangiamento "fuori contesto".

Nell'augurarvi buon ascolto, spero proprio di ricevere i vostri commenti. Penso che, di fronte ad una rarità simile, vista la sua particolarità, e visto che neppure l'Amico/Maestro Augusto Croce cita quest'album nell'enciclopedico Italianprog,  gli stimoli alla discussione siano tanti. Dal canto mio vi posso dire che questo disco, seppur molto lontano dalle mie abituali corde, mi ha stregato, tanto che lo sto ascoltando con godimento da diversi giorni. Fatemi sapere cosa ne pensate, ragazzi...


Post by Captain, thank you very much to Julian Ryan of blog ProgressiveReviews


A Julian, non me ne voglia, vorrei dire una cosa, riguardo il post originale dedicato a quest'opera. Nell'ultima parte, purtroppo ti sfugge un po' il piede sull'acceleratore (come direbbe il caro Frank-One), descrivendo questo rarissimo album come costosissimo ed impossibile da acquistare a causa del popolo italiano, esoso come nessun'altro e portato a fregare il prossimo anche nei centesimi di resto del caffè (libera traduzione). Fai poi di tutta l'erba un fascio, o sarebbe meglio dire di tutto un popolo, mettendoci dentro malandrini ed ex presidenti del consiglio puttanieri, e ti dimentichi della tanta brava gente, onesta che si fa il culo e che è la maggioranza. Insomma un bellissimo post rovinato da troppo qualunquismo, peccato davvero.
 

12 commenti:

  1. Essendo chiamato in causa non posso non intervenire!
    Intanto complimenti per la pubblicazione, il disco è interessante ma, a mio modo di vedere, poco progressivo se si escludono alcune parti strumentali (es. Slow Down). Certe parti a più voci mi ricordano Jesus Christ Superstar!
    Negli anni '90 questo LP era una presenza costante alle fiere del disco, sempre venduto con l'immancabile etichetta "progressive italiano" per aumentare l'attenzione di potenziali acquirenti. Alla fine, invogliato dall'idea di scoprire qualche tesoro nascosto, lo comprai, ma sinceramente non lo trovai così interessante e penso di averlo venduto nel giro di pochissimi mesi. Poi, molto tempo dopo, mi è capitato di inserire nel sito per vari motivi dischi molto meno vicini al progressive, dunque penso che anche questo andrebbe citato.
    Segnalo anche la copertina dell'Up & Down Studio, che ne realizzò tante altre, molto significative, per la RCA (Mu di Cocciante, Atlantide dei Trip, Quella Vecchia Locanda, Raccomandata con Ricevuta di Ritorno ecc...)

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    1. Ci speravo in un tuo commento. Pensavo di aver fatto un ritrovamento (non avevo davvero mai sentito parlare di quest'album) avevo scoperto l'acqua calda, ma con espertoni del calibro tuo e di Francone che ha risposto qui più sotto, c'era da aspettarselo. Diciamo che qualche spunto di novità, seppur in un contesto prettamente soul e rythm'n'blues, mi sembrava di averlo notato anche in altri pezzi oltre a "Slow down", ma per qualche misterioso motivo, questo disco mi ha particolarmente affascinato, per cui probabilmente nel mio post ho ecceduto in entusiasmo. Certi dischi, in certi periodi della vita, ti si attaccano addosso anche se non sono ascolti abituali, cioè dei generi che più amiamo...
      Grazie mille per le info aggiuntive circa la copertina.

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  2. Nel 1983 con la mia nuova ragazza e futura moglie andai in Francia a trovare zie di mia madre emigrate con la prima ondata in quel prosperoso paese (niente a che vedere colla nostra patria fondata sul LAVORO !). La parente aveva fatto fortuna, come quasi tutti gli italiani volenterosi che lasciano questo sito tricolore per altre bandiere, e aveva acquistato un vecchio condominio che aveva affittato a diversa gente (le case il Francia hanno origini anche medioevali). Mezz'ora dopo il mio arrivo, da una stanza del caseggiato, una voce francese cantava ad alto volume canzone di Toto Cotugno vincitrice del festival di San Scemo del 1983, Sono un Italiano. La storia potrebbe andare indietro ancora di secoli, ma rimane sempre quella, perché il carattere italiano rimane e così pure il giudizio degli altri, come rimane il nostro nei confronti degli stranieri. Perché ci ostiniamo a fare legislature tutte italiane se non per adattarle al carattere del nostro popolo? Non potremmo copiare leggi migliori dagli altri stati, o meglio ancora creare una intera costituzione europea visto che dovremmo esserci già da qualche anno? Certo che gli scandali ci sono anche negli altri stati, ma noi lo sapremmo dalle nostre fonti di informazione o ce lo nascondono per non disturbare le nostre italiane coscienze così diverse dalle europee? Ciò che rimane del nostro paese all'estero non è l'impero romano (andate a vedere le rovine romane abbandonate ad Atene, o nella gallia provincia francese ) con il suo carattere di sfruttamento e conquista, ma la cultura e la creatività artistica italiana decisamente sopra tutte le culture mondiali, l'ingegno e la volontà del belpaese, che oltre le Alpi trovano paesi liberi per esprimersi. C'è da stupirsi per come sia potuto accadere dopo un millennio di medioevo. I nostri parenti che si sono stabiliti all'estero lo sanno, non rimpiangono assolutamente le nostre leggi così perfette ma così facilmente evitabili, la nostra burocrazia precisa ma eterna; rimpiangono ciò che da sempre hanno cercato e trovato materialmente all'estero, ed è la libertà di pensiero e di espressione, la possibilità di esprimersi e valere materialmente per le tue virtù e capacità materiali, lo spazio per agire senza poteri occulti (mafia, legami politici o parentali, ecc.) utilizzando una cultura desiderosa di fare del bene a se stessi e agli altri. Certo abbiamo esportato anche tutto quello tra parentesi, ed è quello che ci fa da porta bandiera all'estero, ma questa è una storia troppo lunga da raccontare. Ringraziamo Julian Ryan ma condivido pienamente la sua delusione per il nostro Belpaese. Saluto tutti quelli che frequentano il blog per amore della cultura e della libertà, almeno artistica.

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  3. Grande Capitano, ho questo album ma mai avrei potuto fare un post cosi completo ed esauriente. Non vorrei entrare nel merito della diatriba sugli italiani o meno, mi associo alla critica verso chi generalizza su un intero popolo navigando su luoghi comuni (io nella mia attività non ho mai trovato clienti più generosi......udite udite...degli scozzesi!!!). Non sono andato a leggere il post originale, ma se ho ben compreso da quello che scrive il Capitano, direi che enuncia (per dirla alla Fantozzi)...una cagata pazzesca!!!! Nella mia anima da Dr. Jekyll e Mr. Hyde sono per uno scambio libero e gratuito della musica oggi introvabile, pur essendo un collezionista che spesso ha fatto dei gran bei sacrifici per aggiudicarsi album altrimenti introvabili (ultimamente Etna, Gleemen e Bambibanda e Melodie per intenderci), ebbene la rovina del mercato sono stati i giapponesi e gli americani. Non potete immaginare quante volte in trattative per un raro LP mi sono sentito dire:"Ti chiedo scusa, ma il solito giapponese mi ha offerto il triplo". Quindi chiunque asserisca che l'avidità italiana abbia drogato il mercato dimostra di non avere la più pallida idea di quanto sia realmente accaduto dai primi anni 80 in poi, o altrimenti di essere assolutamente in mala fede. FRANK - ONE

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    1. Grazie mille caro Franco, comunque i tuoi post quanto a completezza e "partecipazione" personale non hanno davvero nulla da invidiare ai miei, lo dico sinceramente. Come rispondevo ad Augusto poco sopra, pensavo di aver fatto chissà quale scoperta, in realtà era l'acqua calda... :)

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    2. Non è affatto acqua calda, caro Capitano! Si tratta di un disco molto interessante che pochi conoscono.
      A me ha fatto piacere leggere il tuo post, ben fatto come sempre perché mi ha dato l'occasione per riascoltare il disco (che è bello, nel suo genere) e inserire questo gruppo nel sito, visto che comunque di spunti prog ce ne sono.
      Dunque...grazie!

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    3. Grazie mille a te, per tutto. Il tuo lavoro è alla base di questo blog, sapessi quante ricerche ho fatto e quanti album ho inserito nella eishlist leggendo Italianprog...

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  4. Sono d'accordo che abbia fatto di tutta l'erba un fascio; come potete verificare ho commentato quel post e lui ha riconosciuto di avere generalizzato eccessivamente. Credo che anche questo vada sottolineato.

    Grazie anche a voi per l'album.

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  5. Grazie Capitano, approvo le tue considerazioni a fine post, ma lasciando da parte il dibattito scaturito di cui si é ampiamente trattato, e passando all'ascolto dell'album, mi é piaciuto molto il brano Slow Down, con il suo incedere veloce e Garden Of Boom con il suo andamento rilassato e catartico.

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    1. Grazie a te Albe per i tuoi commenti, sempre puntuali. Ripetuti ascolti di quest'album rivelano altre gioie, e le preferenze per un pezzo o l'altro si spostano (almeno così è stato per me)

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    2. Ragazzi siete davvero bravissimi. Fate conoscere dischi del sottobosco musicale italiano davvero impensabili. Siete unici. Continuate così, supportati da questa passione e magia.

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  6. Disco gradevole ma non particolarmente interessante

    Michele D'Alvano

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