TRACKLIST CD 1:
Nautilus Club, Cardano al Campo (VA), 4 maggio 1972 - Part 1
1. Festival (from “Waters Of Change” – 1971)
2. Time Machine (from "Waters Of Change" - 1971)
3. Hobo (from “Pathfinder” – 1972)
4. MacArthur Park (from "Pathfinder" - 1972)
5. Poet And Peasant (from “Act One” – 1970)
6. Yes I Need Someone (allora inedito)
TRACKLIST CD 2:
Nautilus Club, Cardano al Campo (VA), 4 maggio 1972 - Part 2
1. Raymond's Road (from “Act One” – 1970)
2. Oh Well (Fleetwood Mac cover)
Nautilus Club, Cardano al Campo (VA), 19 ottobre 1972
3. Oh Well medley
4. London Town (inedito) - suonato solo in questa occasione
5. Gimme Some Lovin’ (Spencer Davis Group cover) - suonato solo in questa occasione
6. Long Tall Sally medley (Little Richard cover) - suonato solo in questa occasione
7. The Witch (from “Pathfinder” – 1972)
LINE UP
Martin Griffiths - vocals (nel concerto del 4 maggio)
Linnie Patterson -vocals (nel concerto del 19 ottobre)
Ricky Gardener - guitar
Alan Park - keyboards
Gordon Sellar - bass
Raymond Wilson – drums
PREMESSA - IL COVID-19 CI PERSEGUITA
Sono giorni difficili, come ben sappiamo, in cui siamo invitati a restare a casa quanto più possibile. Questo "ritiro forzato" ci ha però dato l'opportunità di riscoprire molte attività forse un po' trascurate in tempi normali, dalla lettura di buoni libri, ai giochi di società, dall'uso più oculato dei social alla navigazione sul web, Ed è proprio in quest'ultimo caso che entra in gioco, nel suo piccolo, il nostro blog. "Verso la Stratosfera", magnifica creatura del Capitano Roby, che nel corso degli anni ha raccolto una piccola schiera di collaboratori quanto mai tenaci, si propone come validissima alternativa (lo dico con una punta di orgoglio) alle letture o ad altre attività domestiche. Gli appassionati di buona musica sono invitati a riscoprire qualche vecchia pagina (sperando che i link siano ancora attivi) così come sarà interessante seguire le nostre nuove proposte. Io non sono tra quelli chiamati a restare a casa (lavoro in sanità e quindi sono in prima linea), ma cercherà comunque, come ho sempre fatto in questi anni, di arricchire queste pagine con nuove proposte. Ne approfitto per salutare e ringraziare tutti i collaboratori del blog e i numerosi amici che ci seguono fedelmente da anni. Se avete qualche contributo, sarà come sempre il benvenuto.
ANDRA' TUTTO BENE
Il vostro amico George
Domenica uggiosa, cielo grigio. Si resta in casa. In Valle d'Aosta nei prossimi giorni è previsto il picco di Covid-19. Uscire è un grosso rischio. Ne approfitto per dare fondo agli archivi dei concerti live. Ritrovo con gioia un concerto italiano dei Beggar's Opera, un gruppo storico del progressive britannico, a torto catalogato tra quelli "minori". I Beggar's Opera furono una sorta di meteora, ma lasciarono alcune tracce indimenticabili. Amato da tutti gli appassionati di progressive, il gruppo merita alcune citazioni (anche se, come in questo caso, non troppo esaltanti). Traggo le informazioni dal volume di Cesare Rizzi "Progressive & Underground in Gran Bretagna e Europa 1967-1976" (edizione Giunti, 2003).
"Ispirati nella scelta del nome dall'opera del poeta inglese John Gay (1728) gli scozzesi Beggar's Opera vivono un breve momento di gioia progressiva (in Europa più che in patria) con uno stile pop sinfonico di poca fantasia (ndr non sono d'accordo) e molto mestiere. Il primo album, "Act One" (Vertigo, 1970), contiene un po' di tutto: molto organo, riff già sentiti, presi a prestito qua e là (ai Nice, per esempio), scale e progressioni a gogò, ritmi a tratti forsennati e i consueti tentativi di combinare con disinvoltura pop sinfonico e atmosfere barocche, tra pretenziosità e parodia. Nel 1971 il gruppo cambia bassista (Gordon Sellar) e con la pubblicazione di "Waters Of Change" concede più spazio alla tastierista Virginia Scott. Suoni e ispirazione vengono migliorati. Il disco, decisamente più omogeneo rispetto a quello precedente, si snoda attraverso i brani più noti del loro repertorio (Time Machine, Festival, Silver Peacock). Accantonate le ingenuità e le pretenziosità di "Act One" nonché gli eccessi di rivisitazioni di arie famose (Raymond's Road in particolare), il gruppo recupera qualcosa della tradizione musicale inglese e riesce a dare forma più adeguata all'eccellente tecnica strumentale. Rimane la poca espressività delle parti vocali, che quasi sempre mal si adattano al contesto strumentale, ma certi fraseggi (Festival, ad esempio) ricordano le melodie festaiole mediterranee della PFM (E' festa) e forse anche per questo l'album venne ben accolto in Italia.
Nel 1972, senza più Virginia Scott, il gruppo perde presto coesione e ispirazione compositiva ed è così costretto a recuperare le arie leggere del passato, rispolverando gli eccessi di pop barocco e disimpegnandosi abilmente tra ritmi danzerecci, romanticismo e calda melodia. Si distingue la versione prog jazz di MacArthur Park, un classici di Jimmy Webb".
Conclusa questa brillante trilogia, gli album che seguono saranno deludenti e superflui e quindi non degni di menzione. Ricordo solo che dopo "Get Your Dog Off Me" del 1973, i Beggar's Opera si trasferirono in Germania per registrare ulteriori due album per poi sciogliersi definitivamente sul finire del 1976. Ritroveremo l'anno successivo il grande chitarrista Ricky Gardener a dare manforte a David Bowie e a Iggy Pop (è sua la chitarra in "Lust For Life, "TV Eye" e "Low").
Sono giorni difficili, come ben sappiamo, in cui siamo invitati a restare a casa quanto più possibile. Questo "ritiro forzato" ci ha però dato l'opportunità di riscoprire molte attività forse un po' trascurate in tempi normali, dalla lettura di buoni libri, ai giochi di società, dall'uso più oculato dei social alla navigazione sul web, Ed è proprio in quest'ultimo caso che entra in gioco, nel suo piccolo, il nostro blog. "Verso la Stratosfera", magnifica creatura del Capitano Roby, che nel corso degli anni ha raccolto una piccola schiera di collaboratori quanto mai tenaci, si propone come validissima alternativa (lo dico con una punta di orgoglio) alle letture o ad altre attività domestiche. Gli appassionati di buona musica sono invitati a riscoprire qualche vecchia pagina (sperando che i link siano ancora attivi) così come sarà interessante seguire le nostre nuove proposte. Io non sono tra quelli chiamati a restare a casa (lavoro in sanità e quindi sono in prima linea), ma cercherà comunque, come ho sempre fatto in questi anni, di arricchire queste pagine con nuove proposte. Ne approfitto per salutare e ringraziare tutti i collaboratori del blog e i numerosi amici che ci seguono fedelmente da anni. Se avete qualche contributo, sarà come sempre il benvenuto.
ANDRA' TUTTO BENE
Il vostro amico George
Domenica uggiosa, cielo grigio. Si resta in casa. In Valle d'Aosta nei prossimi giorni è previsto il picco di Covid-19. Uscire è un grosso rischio. Ne approfitto per dare fondo agli archivi dei concerti live. Ritrovo con gioia un concerto italiano dei Beggar's Opera, un gruppo storico del progressive britannico, a torto catalogato tra quelli "minori". I Beggar's Opera furono una sorta di meteora, ma lasciarono alcune tracce indimenticabili. Amato da tutti gli appassionati di progressive, il gruppo merita alcune citazioni (anche se, come in questo caso, non troppo esaltanti). Traggo le informazioni dal volume di Cesare Rizzi "Progressive & Underground in Gran Bretagna e Europa 1967-1976" (edizione Giunti, 2003).
"Ispirati nella scelta del nome dall'opera del poeta inglese John Gay (1728) gli scozzesi Beggar's Opera vivono un breve momento di gioia progressiva (in Europa più che in patria) con uno stile pop sinfonico di poca fantasia (ndr non sono d'accordo) e molto mestiere. Il primo album, "Act One" (Vertigo, 1970), contiene un po' di tutto: molto organo, riff già sentiti, presi a prestito qua e là (ai Nice, per esempio), scale e progressioni a gogò, ritmi a tratti forsennati e i consueti tentativi di combinare con disinvoltura pop sinfonico e atmosfere barocche, tra pretenziosità e parodia. Nel 1971 il gruppo cambia bassista (Gordon Sellar) e con la pubblicazione di "Waters Of Change" concede più spazio alla tastierista Virginia Scott. Suoni e ispirazione vengono migliorati. Il disco, decisamente più omogeneo rispetto a quello precedente, si snoda attraverso i brani più noti del loro repertorio (Time Machine, Festival, Silver Peacock). Accantonate le ingenuità e le pretenziosità di "Act One" nonché gli eccessi di rivisitazioni di arie famose (Raymond's Road in particolare), il gruppo recupera qualcosa della tradizione musicale inglese e riesce a dare forma più adeguata all'eccellente tecnica strumentale. Rimane la poca espressività delle parti vocali, che quasi sempre mal si adattano al contesto strumentale, ma certi fraseggi (Festival, ad esempio) ricordano le melodie festaiole mediterranee della PFM (E' festa) e forse anche per questo l'album venne ben accolto in Italia.
Nel 1972, senza più Virginia Scott, il gruppo perde presto coesione e ispirazione compositiva ed è così costretto a recuperare le arie leggere del passato, rispolverando gli eccessi di pop barocco e disimpegnandosi abilmente tra ritmi danzerecci, romanticismo e calda melodia. Si distingue la versione prog jazz di MacArthur Park, un classici di Jimmy Webb".
Conclusa questa brillante trilogia, gli album che seguono saranno deludenti e superflui e quindi non degni di menzione. Ricordo solo che dopo "Get Your Dog Off Me" del 1973, i Beggar's Opera si trasferirono in Germania per registrare ulteriori due album per poi sciogliersi definitivamente sul finire del 1976. Ritroveremo l'anno successivo il grande chitarrista Ricky Gardener a dare manforte a David Bowie e a Iggy Pop (è sua la chitarra in "Lust For Life, "TV Eye" e "Low").
E fu così che i Beggar's Opera giunsero anche in Italia nel lontano 1972 per tenere tre concerti: il primo (2 maggio) al Piper Club di Roma (purtroppo non è documentato), gli altri due al Nautilus di Cardano al Campo, in provincia di Varese. Uno è datato 4 maggio, l'altro 19 ottobre, Incredibile come il Nautilus avesse allora il potere di ospitare nei primi anni '70 (prima delle grandi contestazioni) numerose e importanti band inglesi. Interessante è anche il fatto che i Beggar's Opera abbiano suonato per due volte nello stessa location a distanza di cinque mesi.
Prima delle date italiane i Beggar's aveva suonato in Germania per poi continuare il tour in Gran Bretagna. Poche le informazioni su questi concerti italiani. La qualità del suono è discreta. Le due performance sono raccolte in 2 CD. Data la brevità, ritengo ragionevolmente che la registrazione del 19 ottobre sia incompleta.
A fianco dei brani inclusi nella tracklist ho indicato il disco di provenienza. Devo dire che la quintessenza del concerto del 4 maggio è racchiusa in due brani: la lunga cavalcata della durata di oltre 20 minuti dal titolo "Yes I Need Someone", brano allora inedito, poi incluso in "Lifeline" del 1980 e "Raymond's Road" dal primo lavoro "Act One" (13 minuti di celebri arie classiche) di forte ispirazione Nice. Ascoltatelo e mi direte. Molto bella la cover di Oh Well dei Fleetwood Mac posta a chiusura del primo concerto e in apertura del secondo. Altre chicche racchiuse in questi due concerti italiani sono "London Town", Gimme Some Lovin' e Long Tall Sally che, da quanto mi risulta, vennero suonate solo in questa circostanza.
Che altro dire, se non augurarvi il consueto buon ascolto.
Prima delle date italiane i Beggar's aveva suonato in Germania per poi continuare il tour in Gran Bretagna. Poche le informazioni su questi concerti italiani. La qualità del suono è discreta. Le due performance sono raccolte in 2 CD. Data la brevità, ritengo ragionevolmente che la registrazione del 19 ottobre sia incompleta.
A fianco dei brani inclusi nella tracklist ho indicato il disco di provenienza. Devo dire che la quintessenza del concerto del 4 maggio è racchiusa in due brani: la lunga cavalcata della durata di oltre 20 minuti dal titolo "Yes I Need Someone", brano allora inedito, poi incluso in "Lifeline" del 1980 e "Raymond's Road" dal primo lavoro "Act One" (13 minuti di celebri arie classiche) di forte ispirazione Nice. Ascoltatelo e mi direte. Molto bella la cover di Oh Well dei Fleetwood Mac posta a chiusura del primo concerto e in apertura del secondo. Altre chicche racchiuse in questi due concerti italiani sono "London Town", Gimme Some Lovin' e Long Tall Sally che, da quanto mi risulta, vennero suonate solo in questa circostanza.
Che altro dire, se non augurarvi il consueto buon ascolto.
Ricordi che affiorano! C'era l'austerity. Era il'73 e mi era stato donato lo stereo della "Selezione". I primi album ascoltati:Waters Of Change dei Beggar's e quello dei Quatermass. Grazie George del post. Andrà tutto bene, anche qui in Calabria.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaBravo George, parole confortanti in un momento così difficile (per favore, chi può elimini commenti come quello qui sopra, al limite dell'odioso), ed io sistemate le cose più importanti e relegato a casa, tranne qualche ora di volontariato col mio taxi come ben pubblicizzato, credo che potrò mantenere quelle promesse che ti avevo fatto oramai da tempo immemore, e poichè da te espressamente citata, la prime sarà proprio Rinaldoebasta. Un abbraccio a tutti da Milano, sarà dura ma ne verremo fuori, dobbiamo assolutamente crederlo!!! Frank-One
RispondiEliminain primis ti ho inviato due concerti e un album....vedi se possono essere un buon viatico per questi giorni, poi ricordo che i Beggaras Opera suonarono anche a Reggio Emilia aprendo il meraviglioso concerto dei Quintessence ( nulla che spartire gli uni con gli altri...).Furono divertenti ma nulla più (la registrazione dei due Act pare sia sparita, se la ritrovo la invio.
RispondiEliminaAnche qui siamo assediati dal virus, si sta in casa(per fortuna sto in mezzo alla campagna e posso passeggiare nei campi) e si cerca di andare avanti, temo sarà lunga e bisognerà fare un sacco di post per accompagnare la quarantena!
un abbraccio a tutti !
bravo George - so bene cosa stai passando - in un'altra vita ero un dirigente della Croce Rossa Italiana e di prime linee ne ho affrontate parecchie - riguardati perchè (se mi consenti la mia solita ironia) la tua buona salute fisica contribuisce a far star bene la nostra salute musicale - un abbraccio (... a un metro di distanza ...) - Giudas
RispondiEliminaGrazie amici. Il messaggio odioso l'ho cancellato. Cercherò di fare il possibile e rispettare le promesse fatte da tempo.
RispondiEliminaUn abbraccio (sempre virtuale)
Questo Blog è bellissimo, ogni tanto ci ricapito e qui trovo solo delle bellissime chicche. Tv Eye non ho capito molto bene, è nel repertorio Stooges e il chitarrista indimenticato era Ronald Fucking Asheton. Speriamo passi veloce questo momentaccio. Un saluto dalla provincia di BS. Alessio
RispondiEliminapasserà caro Alessio, passerà. Cmq, per dovere di precisione (puoi controllare) TV Eye Live 1977 è attribuito a Iggy Pop e il chitarrista in ben 4 brani è Ricky Gardener, mentre negli altri 4 è Stacey Heydon. E c'è pure David Bowie alle tastiere. Ciao
RispondiEliminaUn live stupendo: grazie infinite, caro George.
RispondiEliminaGrazie George! Hai ragione scusa avevo letto frettolosamente. Buona Serata!
RispondiEliminaQUE MARAVILLOSA Y GRAN BANDA, DESDE CHILE MIL GRACIAS.
RispondiEliminaSuonarono anche a Mestre/Venezia, Stadio Baracca, ma non ricordo l'anno.
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