giovedì 25 aprile 2024

Labirinto di Specchi - Hanblecheya (2011)


TRACKLIST:

01. Eclissi pt. 1 - L'occhio e la maschera (8:23)
02. La maschera della visione (5:58)
03. Fantasia (8:58)
04. Nel nulla etereo soggiogato dall'ignoto la mente si espande (7:01)
05. Purpurea (10:00)
06. Follia (19:12)
07. Eclissi pt. 2 - La genesi (9:36)


FORMAZIONE:

Gabriele Marroni - chitarre
Filippo Menconi - basso
Andrea Valerio - piano, synth
Raffaele Crezzini - batteria, percussioni
Diego Armando Samo - tastiere, synth

Collaboratori:
Paolo Carelli - voce, narrazione
Michele Sanchini - violoncello
Matteo Canestri - basso
Lucio Pacchieri - batteria
Giovanni Ferretti - piano, synth


Cari amici, prima di ritornare alla ri-scoperta di qualche album storico, vorrei ancora soffermarmi su un validissimo gruppo di new progressive rock, all'insegna della migliore tradizione, gentile omaggio -anche questa volta - del nostro mitico Osel. Grazie amico mio, per questa ennesima condivisione. Il Labirinto di Specchi, prima di questo disco,  ha alle spalle un solo album, o meglio un demo dal titolo "La maschera della visione", pubblicato nel 2007 (o forse 2008). Dopo alcuni anni di silenzio eccoli ritornare con questo magico "Hanblecheya", pubblicato dalla Lizard Records nel 2011. Alcune tracce del demo, dopo essere state rielaborate, sono finite su questo album, insieme a nuove composizioni. Al momento si tratta dell'ultimo disco della loro scarna produzione discografica. Il gruppo proviene da Siena e dopo la registrazione del demo hanno catturato l'attenzione di Loris Furlan della Lizard che ha pubblicato il vero e proprio debut album, con un suono che la stessa Lizard ha definito "Porcupine Tree incontra Pholas Dactylus". Non so se è proprio così, ma a me l'album è piaciuto molto e sicuramente alcune tracce riportano al suono dei due grandi gruppi sopracitati. Certo, la presenza di Paolo Carelli, qui come voce narrante, già vocalist dei Pholas, non è casuale. 


Una interessante recensione, che condivido in toto, è stata pubblicata su "My Space". Ve la riporto integralmente.
"E’ con estremo piacere che mi trovo a narrare le vicissitudini Progressive di una nuova band italiana, a testimonianza che il genere, malgrado le esili vendite, non cede passo. Infatti il Prog da noi è rivolto ad un pubblico di irriducibili cultori, come se la ricerca dei suoni, i viaggi mentali e le emozioni forti non siano più alla portata di tutti. Probabilmente non è solo un discorso mediatico o di pubblicità, oggi poi con internet si può sopperire a questa cosa, credo piuttosto sia la pigrizia e la voglia di “non pensare” degli individui che sta tristemente dilagando sempre più. Ma il genere stesso, negli anni è comunque quasi sempre rimasto sussurrato, di culto e le band stesse hanno sempre rivolto lo sguardo verso la fonte degli anni ’70, suggendone l’essenza. Tuttavia la bellezza di questa musica è cristallina, tanto che il tempo sembra non avere incidenza.


L’ottima Lizard tira fuori dal cilindro l’ennesima sorpresa, il Labirinto Di Specchi e già dal nome si ha la certezza di avere in mano un prodotto di prog italiano. La bella copertina riesce a descrivere l’inquietudine e la spiritualità dell’album, il quale narra proprio dello spirito degli Indiani d’America in un contesto cosmico. Spazio dunque alla psichedelìa, a tratti supportata anche da un violoncello, quello dell’ospite Michele Sanchini, tanto per rappresentare comunque la mediterraneità del suono. Per entrare maggiormente dentro il discorso anni ’70, il quintetto si avvale della collaborazione di una voce narratrice storica, quella di Paolo Carelli dei Pholas Dactylus., gradito ritorno. Chitarre elettriche spezzano spesso il suono onirico delle tastiere synth, rendendo l’ascolto un volteggiare nell’immaginifico tratto cosmico della mente. I ritmi cambiano, il suono evolve su se stesso, alternando Prog classico a Space Rock, per un risultato appagante nella sostanza. Si rimane piacevolmente colpiti davanti alle fughe strumentali di “La Maschera Della Visione”, brano che farà scorrere i brividi sulla pelle dei nostalgici dei tempi che furono. Spazio a composizioni ipnotiche e fuorvianti come “Fantasia”, dove la psichedelìa si lascia stuprare da una chitarra classica e dal reggae! Crescendo musicale che riempie l’ascolto, grazie anche ad una più che discreta produzione sonora. E’ alquanto sorprendente che giovani band all’esordio siano portatrici del credo sonoro degli anni ’70, più delle band storiche per eccellenza, le quali pur rimanendo in ambito progressive, hanno modificato il proprio stile in base alla realtà di oggi.


Passione per una musica che ha segnato indelebilmente le sorti del rock facendolo uscire dal corpo, sede nella quale generalmente è sempre risieduto. Per questo mi sento di consigliare l’ascolto di “Hanblecheya”, assaporate anche voi l’essenza dello spirito, lasciarsi andare è anche un modo di giustificare l’esistenza della musica, una volta tanto viatico per uscire dallo stress giornaliero di una società che corre sempre di più e che non ha il tempo di soffermarsi per riflettere. Lo spirito indiano aleggia su di noi e nella musica del Labirinto Di Specchi. Interessanti e coraggiosi".
E' tutto. Buon ascolto, cari amici. Ci risentiamo a breve sulle "frequenze della Stratosfera".



Post by George - Music by Osel

1 commento:

  1. Che brani ipnotici ed ammalianti, specialmente Eclissi pt. 2 - La genesi. Grazie cari George ed Osel.

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