giovedì 10 ottobre 2013

2002 Anatrofobia - Lecosenonparlano

1. Fleurdumirage
2. Siano
3. Le cose non parlano
4. Primodio
5. Nuovi topi ad ur
6. Crearono un deserto e lo chiamarono pace
7. Serie di tre
8. Il re non tornerà
9. Con fine di mezzo
10. Terzo ordine perturbativo
11. Propaganda (vote with a bullet)
12. Frammenti di durata III
13. Brevi momenti di presenza

- Biondello Andrea / percussions
- Cartolari Alessandro / alto saxophone, electronics
- Cartolari Luca / bass, electronics
- Simeoni Mario / flute, tenor saxophone

Guests:
- Pisani Alessio / bassoon
- Sassi Roberto / electric guitar
- Trovero Gianni / trumpet


LINK



di Christian Verzeletti 
"Le cose non parlano" è un disco fondamentale nel cammino degli Anatrofobia, che, merita di uscire dalla nostra sezione emergenti, troppo stretta per un gruppo simile. Il peso del cd si intuisce già dalle parole degli stessi musicisti, che, nelle note del booklet, dichiarano esplicitamente di aver cercato una miglior coesione a scapito di certe lungaggini. Ciò non vuol dire che la musica degli Anatrofobia sia diventata accessibile, ma di sicuro "Le cose non parlano" è il loro lavoro più compatto in una discografia giunta al quarto atto. "Le cose non parlano" recupera tutte le componenti del jazz-rock anatrofobico e le trasmuta in un´unica entità. Il metodo di lavoro è sempre lo stesso, una sperimentazione strumentale messa in atto come in un vero e proprio laboratorio sonoro, solo che ne risulta un magma ancora più ardito, una creatura inattesa nel suo essere. Già la voce di Alessandro Cartolari nell´iniziale "Fleurdumirage" è un segnale inquietante che induce ad un ascolto vigile. Anche quegli elementi, che in passato erano secondari nel suono del gruppo, fanno sentire la loro presenza senza mezzi termini: la chitarra elettrica e l´uso della programmazione, di echi e di rumori, diventano parte fondante di una visione che non trova pace. "Le cose non parlano" si impone come un disco da capire, in cui urge la necessità di trovare una chiave di lettura. Presto però si realizza che questa non è unica né tantomeno univoca, piuttosto segue il moto di una coscienza sofferente, inquieta, che abbandona il proprio pensiero ora alla nevrosi, ora alla riflessione. Questo è un disco che disturba, che impegna, che continua quindi a rientrare nella musica d´avanguardia, anche se non contiente un´improvvisazione così ossessiva, come si penserebbe per una musica formalmente difficile. L´album procede come un concept, in cui si susseguono e si sovrappongono temi diversi, tesi a formare un´unica atmosfera, un unico contesto, che si traduce in uno sguardo per nulla leggero sul presente: brani come "Crearono un deserto e lo chiamarono pace", "Serie di tre" e "Il re non tornerà" suggeriscono una visione politica (!), mai soddisfatta della realtà. Addirittura in "Nuovi topi ad Ur" gli Anatrofobia arrivano ad erigere un muro interiore senza sbocchi, su cui si avventano due sax (alto e tenore, spesso con l´aggiunta del fagotto). L´impianto sonoro e soprattutto la ritmica arrivano a sfiorare il post-rock, costruendo scenari alla "Blade runner". Man mano le tracce si susseguono, i toni si fanno sempre più oscuri, quasi ad avvisare delle perturbazioni in avvicinamento: tutto si chiude con la spettrale "Frammenti di durata III" e con "Brevi momenti di presenza", una sorta di marcetta funebre con fagotto e fisarmonica. "Le cose non parlano" comunica a pieno quel work in progress che deve averne costituito la lavorazione e che è l´essenza della band torinese. Più che di rimandi jazz o progressive, questa volta il riferimento è al rock in opposition, tanto la materia ottenuta dagli Anatrofobia è sostanza viva ed assai rara.


Nessun commento:

Posta un commento