Prefazione di Robero Ceruti “Un giorno dopo l’altro” è il titolo di questa raffinata serie di trascrizioni di Beppe Castellani e Giorgio Signoretti. Un percorso pieno di emozioni e di esperienze, espresse attraverso alcune delle più belle composizioni di Luigi Tenco sulla strada del jazz. E’ un po’ una riscrittura in chiave originaria delle idee che il cantautore piemontese avrebbe in seguito elaborato per il mercato della musica leggera. All’inizio, infatti, – eravamo nel 1953 – Tenco e Lauzi suonavano assieme nella “Jelly Roll Boys Jazz Band” e sognavano a tempo di swing un improbabile sbarco a New York. Le loro radici affondavano senza alcun dubbio nel nuovo stile, nato verso la metà degli anni ‘20 e durato fino al ‘40, che traeva origine dalla musica suonata a New Orleans e Chicago, arricchendosi e contaminandosi con i movimenti artistici della più moderna New York, dove avvenne la seconda grande migrazione dei musicisti neri. Riscoprire oggi le melodie di “Vedrai vedrai”, “Mi sono innamorato di te”, o “Un giorno dopo l’altro”, ci fa comprendere due sostanziali passaggi: il primo è la consapevolezza che ormai esse facciano parte della nostra cultura musicale, trasformandosi da canzonette in una sorta di classici immortali; il secondo punto su cui riflettere è il fatto che, malgrado i testi di tutta la scuola genovese vengano comunemente considerati fondamentali nell’economia del pezzo, qui si scopre che la poetica delle parole conserva intatta la sua grandezza, pur se sostituita dalla poesia dell’esecuzione strumentale. La liricità e la dinamica dei due solisti sono talmente evidenti ed espressive, da mettere a nudo gli stati d’animo di ogni singola battuta. Il suono crudo del sax tenore di Castellani non lascia spazio a falsi abbellimenti gigioneschi. Il suo soffiato è un ansimare di sofferenza e di piacere al tempo stesso, ma si cala nella beatitudine generale di cui questo disco è intriso. Il “cigno” Signoretti ha nelle dita una innata sapienza, che trasmette alle sei corde in simbiosi perfetta con i suoi stati d’animo. E’ facile leggere tra le righe la gioia e l’oscura guerra interiore, che caratterizzavano la personalità di Luigi Tenco. La scelta di utilizzare due soli strumenti è riuscita a dilatare gli spazi d’espressione, che sarebbero stati compressi e banalizzati da una sezione ritmica tradizionale. Questo magnifico lavoro non fa che confermare quanto entusiasticamente espresso sui lavori precedenti di Beppe Castellani, aggiungendo alla sua discografia un nuovo prezioso monile da esibire con orgoglio.
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