TE DEUM :
1 - Te Deum (Camisasca)
2 - O Redemptor (sec. VII)
3 - Cantate Domino (sec. VII)
4 - Victimae Paschali Laudes (sec. XI) 
5 - Alleluia (Camisasca)
IL TE DEUM DI FRATEL JURI
Il "Te Deum" è senza dubbio il disco più bello tra i 4 incisi da Roberto "Juri" Camisasca.
Un capolavoro senza confini. Di un rigore e splendore che ammaliano. Un lp edito nel 1988 dalla casa discografica di Battiato, "L'OTTAVA", che è ancora oggi introvabile ed oggetto di culto per gli appassionati. Juri lo incise su invito di Battiato dopo la lavorazione comune per "Genesi". Non è un disco qualsiasi. Qui l'anima dell'uomo, del ricercatore, del mistico e dell'eccezionale cantante, si ritrovano senza infingimenti od orpelli. E' l'essenziale che si canta e lo si canta in modo essenziale. In sala di incisione, Camisasca, che è ancora ospite del monastero, porta una sua icona, la cui immagine finirà come copertina del disco. La scelta per l'apertura e per coprire l'intero lato A ricade su un testo del IV secolo, il "Te Deum". Juri lo musica con grande rigore. Il risultato è un viaggio sospeso nella pace. Necessita, come il resto del lavoro, di un ascolto più che rilassato. Meditato nel senso orientale della parola. La musica non cambia molto nel lato b del 33 giri. Il cantore pesca nella tradizione del canto gregoriano e gli anni trascorsi al Monastero di Montefano, anche in questo senso, non sembrano trascorsi invano. Si comincia con "O redemptor", poi un grandissimo classico: "Victimae paschali laudes", che poi verrà spesso ripresa, in modo decisamente più ritmato in alcuni concerti. "Cantate domino" è una acrobazia vocale che porta prossimi alle stelle, complice anche la voce eccezionale di Donatella Saccardi che con il Coro "Fernando Paer" contribuiscono non poco alla magia dell'intero "Te Deum". Chiude, in segno di ringraziamento, un originale "Alleluia" composto proprio da Juri Camisasca. Al suo fianco, nella realizzazione di tutti i brani c'è un altro grandissimo musicista, Filippo Destrieri al quale è affidato e svolto con immensa maestria, il compito di creare da solo i tappeti sonori che rendono questo un disco "magico" e, per certi versi, perfetto. Il disco fu stampato in pochissime migliaia di copie. Nonostante le tante richieste, non è mai stato riedito. Avrebbe meritato più, molto di più, della divulgazione avuta.
Se ne parla con maggiore competenza della mia a questo LINK :
Un capolavoro senza confini. Di un rigore e splendore che ammaliano. Un lp edito nel 1988 dalla casa discografica di Battiato, "L'OTTAVA", che è ancora oggi introvabile ed oggetto di culto per gli appassionati. Juri lo incise su invito di Battiato dopo la lavorazione comune per "Genesi". Non è un disco qualsiasi. Qui l'anima dell'uomo, del ricercatore, del mistico e dell'eccezionale cantante, si ritrovano senza infingimenti od orpelli. E' l'essenziale che si canta e lo si canta in modo essenziale. In sala di incisione, Camisasca, che è ancora ospite del monastero, porta una sua icona, la cui immagine finirà come copertina del disco. La scelta per l'apertura e per coprire l'intero lato A ricade su un testo del IV secolo, il "Te Deum". Juri lo musica con grande rigore. Il risultato è un viaggio sospeso nella pace. Necessita, come il resto del lavoro, di un ascolto più che rilassato. Meditato nel senso orientale della parola. La musica non cambia molto nel lato b del 33 giri. Il cantore pesca nella tradizione del canto gregoriano e gli anni trascorsi al Monastero di Montefano, anche in questo senso, non sembrano trascorsi invano. Si comincia con "O redemptor", poi un grandissimo classico: "Victimae paschali laudes", che poi verrà spesso ripresa, in modo decisamente più ritmato in alcuni concerti. "Cantate domino" è una acrobazia vocale che porta prossimi alle stelle, complice anche la voce eccezionale di Donatella Saccardi che con il Coro "Fernando Paer" contribuiscono non poco alla magia dell'intero "Te Deum". Chiude, in segno di ringraziamento, un originale "Alleluia" composto proprio da Juri Camisasca. Al suo fianco, nella realizzazione di tutti i brani c'è un altro grandissimo musicista, Filippo Destrieri al quale è affidato e svolto con immensa maestria, il compito di creare da solo i tappeti sonori che rendono questo un disco "magico" e, per certi versi, perfetto. Il disco fu stampato in pochissime migliaia di copie. Nonostante le tante richieste, non è mai stato riedito. Avrebbe meritato più, molto di più, della divulgazione avuta.
Se ne parla con maggiore competenza della mia a questo LINK :
 Alcune
 note personali. Quando invitai Juri Camisasca a suonare nella mia 
città, lui mi disse, scherzando ma non troppo, che la sua condizione per
 accettare l'invito era quella di potere aprire il concerto con 
l'esecuzione live del "Te Deum". Ci teneva particolarmente. E aveva 
ragione. Per 15 minuti la cattedrale risuonò di quella magia. Come 
organizzatori, temevamo che il pubblico, magari non preparato e spinto 
solo dalla curiosità a partecipare, potesse scapparsene via. Invece,
 in un clima di palapabile e positiva tensione, Juri compì 
l'incantesimo. Mille e duecento persone immobili e, infine, l'applauso 
più sentito dell'intero concerto. Indimenticabile. 
Un caro saluto (Antonio)
Un caro saluto (Antonio)
 IL "TE DEUM" DI FRATEL JURI  
(intervista tratta da "Famiglia Cristiana" n°3 del 1989, a cura di Fulvio Scaglione)
(intervista tratta da "Famiglia Cristiana" n°3 del 1989, a cura di Fulvio Scaglione)
Un disco straordinario inciso da un musicista che vive da nove anni in monastero 
"Quando
 sono entrato qui", racconta Roberto Juri Camisasca, "ho detto basta, 
con la musica non voglio più avere a che fare. E per un po’ di anni non 
ho più toccato strumento. Ho sofferto, ma pensavo che la via fosse 
quella. Ma davvero, cancellare i doni di Dio non è la strada giusta". Il
 "qui" è il monastero; la "musica" è la musica; la "strada"… molto 
meglio che sia lo stesso Roberto a spiegarci quale sia. Qualcuno (non 
molti, forse, perché la fama è labile e gli anni, certi anni 
soprattutto, sono passati) si ricorderà di lui: la prima metà degli anni
 '70, certa musica d'avanguardia, Demetrio Stratos e gli Area, Franco 
Battiato, Claudio Rocchi, quello stesso Vincenzo Zitello che, adesso, 
ammirano tutti come arpista nel gruppo di Ivano Fossati. Tra loro, anche
 Juri ("fu Franco a chiamarmi così, perché Roberto Camisasca non si 
sposava bene con quella musica sperimentale. Gli amici mi chiamano tutti
 così. Entrando in monastero, poi, ho ripreso il mio nome di battesimo")
 Camisasca. I concerti, i dischi. E un disco anche adesso, uscito da 
poche settimane e intitolato Te Deum.
Mi hai detto che questo tuo disco è una testimonianza. In che senso e di che cosa? 
"E'
 una testimonianza nel senso che è una lode a Dio. Se uno loda Dio, vuol
 dire che lo sente; e poiché nella nostra società Dio non è percepito o è
 considerato come qualcosa di astratto, ecco che diventa necessario dare
 una testimonianza del contrario. La più gran lode di Dio è, 
evidentemente, la vita di ognuno. Ci sono però delle forme di 
comunicazione che vanno al di là del gesto e della parola. Un pittore 
può raffigurare il tramonto ma non è il tramonto che gli interessa, 
bensì l'emozione che quel tramonto gli ha dato. Io penso che la musica 
abbia, a questo proposito, qualcosa in più delle altre arti, perché è 
comunicazione diretta, senza la mediazione della materia, è l'emozione 
stessa che si fa sentire con la vibrazione del suono. Con questo disco, 
insomma, ho voluto far sentire agli altri il mio rapporto con Dio" 
Hai parlato di loda a Dio e di comunicazione: questo tuo disco è rivolto più a Lui o a noi ascoltatori? 
"Naturalmente
 scattava anche la comunicazione orizzontale, perché il disco non lo 
facevo per me stesso ma per gli altri. Nei momenti in cui realizzavo il 
lavoro, però, ero in preghiera. Si tratta di trovare una zona, un angolo
 in sé stessi dal quale fare poi scaturire le cose. E' il discorso 
dell'ascesi: trovare la presenza di Dio in sé stessi. E per il cristiano
 è tutto qui, il regno di Dio non è una cosa che viene e che va, è in 
mezzo a noi, è in noi, devi solo scoprirlo. Diventa importante, dunque, 
quella che gli orientali definiscono "concentrazione" e che noi più 
spesso chiamiamo "raccoglimento": il disco l'ho cantato in questa 
condizione interiore". 
Chiacchierando, prima, hai detto: non sono nato in parrocchia. Che cosa intendi? 
"Vedi,
 la mia storia è lunga, e credo si debba andar piano a parlare di certe 
cose. In un certo periodo della mia vita, verso i 24-25 anni…" 
Quanti anni hai? 
"Ne
 ho 37. In quel periodo avevo le idee confuse. Facevo dischi, concerti, 
dopo il sessantotto c'era stata un'ondata musicale, ma non ero 
soddisfatto né di quel che ero né di come mi appariva la vita. Ho 
passato un periodo molto brutto, non avevo orizzonti. Poi c'è stato un 
intervento che mi ha fulminato, dall'oggi al domani ero un'altra 
persona. Ho preso ad essere sereno, la vita mi si presentava nel suo 
aspetto positivo. Non pensavo ancora a Dio. Ho cominciato a pensarci 
quando ho avuto certi segni: entravo in chiesa e mi sentivo bene. Nel 
caos di Milano le chiese erano per me diventate angoli in cui le persone
 potevano trovare un po’ di carica per vivere. E' stato molto normale, 
riaccostarmi a Cristo è stato come ritrovare una persona che avevo 
lasciato perdere, ma che non mi aveva lasciato perdere." 
E la scelta del monachesimo? 
"Dio
 non ti chiama in un monastero ma ad un cammino di conversione, il 
monachesimo è un fatto interiore. Io allora mi chiedevo: che cos'è 
questa gioia che sento dentro? Pian piano mi sono ritirato dalla vita 
del mondo, rimanevo chiuso in casa e pregavo, perché volevo conoscere la
 faccia della pace che provavo. Infine, siccome la vita della città non 
mi bastava più, mi sono messo alla ricerca di un luogo di silenzio, di 
solitudine, che mi desse la possibilità di entrare in rapporto continuo 
con quella realtà interiore che pensavo fosse soltanto mia. Ho scoperto 
in seguito che apparteniamo tutti a quell'unica realtà, siamo tutti 
quanti figli di Dio. Ed allora, per tornare al fatto musicale, si sente 
il bisogno di mettere in circolazione certe voci. Ho scritto una 
canzone, Nomadi, che è stata cantata da Battiato e da Alice. La più 
bella soddisfazione che ho avuto è stata quando è venuto a cercarmi un 
ragazzo che mi ha detto: grazie a questa tua canzone è scattata in me la
 ricerca di Dio."
Da quanto tempo sei in monastero? 
"Otto anni, quasi nove." 
Tutti qui a Montefano nel monastero di San Silvestro Abate? 
"No, prima ho fatto quattro anni nel monastero di Praglia (Padova), per lo studio della teologia."
Che cosa ti pare, oggi, della vita del "mondo"? 
"La
 percepisco come il soffocamento della realtà interiore. Questo non 
tanto per il dinamismo, per il frastuono della società, ma per la 
mancanza di armonia. Una persona che cerca Dio non deve stare 
necessariamente con le mani giunte dal mattino alla sera, la vita 
dell'uomo è molto concreta e comporta problemi anche grossi. Bisogna 
essere uomini, avere i piedi in terra, ma con le antenne rivolte verso 
la Fonte che dà la forza di andare avanti" 
Basta ritirarsi in un monastero per arrivare a questo? 
"Assolutamente.
 Uno può ritirarsi in un monte e vegetare come un albero. Una volta che 
ti sei ritirato hai a che fare con te stesso, ed è lì che cominciano i 
problemi. Ci sono momenti di stanchezza, di cedimento: uno può avere 
slanci di ascetismo per qualche giorno, per un mese, per un anno, ma 
quando si parla di una vita la questione diventa complessa. Nella regola
 di San Benedetto, il monastero è visto come palestra spirituale: devi 
lasciarti perdere se vuoi incontrare gli altri. La vita di ascesi può 
portarti fino a un certo punto, poi lì ti accorgi che non riesci ad 
andare oltre, e ci vuole veramente la Grazia di Dio. Uno deve prepararsi
 a morire, sarebbe bello arrivare in punto di morte e dire: mi abbandono
 a Te, così come si è abbandonato Cristo. Ma è dura, è molto difficile. 
Questa però è la cosa che dovremmo fare tutti, monaci e no. E' la Chiesa
 che conta, il monachesimo è un aspetto della Chiesa." 
A che punto sei della tua strada? 
"E'
 un momento molto particolare per me. Sto pensando di fare un altro 
passo, quello della vita eremitica. E' una dimensione che ho sentito 
molto fin dagli inizi, volevo entrare in una certosa. Poi sono successe 
molte cose… c'è in tutto un disegno di Dio, non può essere altrimenti. 
E' finito che in quella certosa, a Farneta (Lucca), non ci sono entrato.
 Mi dissero: è difficile, prova prima da qualche altra parte. Ed è stato
 un bene: la vita di comunità ha lavorato su di me in maniera 
determinante. Se mi fossi ritirato in un eremo nove anni fa, penso che 
sarei partito per la tangente. La vita eremitica è durissima, se non si 
hanno i piedi per terra…Intendo con questo la consapevolezza di certi 
problemi che solo convivendo con gli altri si può ottenere. Ora, però, 
mi sembra di avere necessità di recuperare un altro aspetto, quello 
della solitudine e del silenzio". 
La solitudine, il silenzio: e la musica? 
"Ho
 ripreso la musica, la chitarra, facendo qualche canzone per il 
compleanno, l'onomastico, la professione di fede dei confratelli. L'ho 
ripresa con più lucidità. Penso che ogni tanto si possa suonare: per 
pregare. C'è un tipo di preghiera che consiste nell'entrare in contatto 
con Dio, sentire la Sua presenza. San Paolo dice che quando preghi è lo 
Spirito Santo che sta pregando dentro di te. Per arrivare a sentire 
questo, però, bisogna andare al di là di se stessi, oltre il proprio io.
 La musica ha, secondo me, una forza straordinaria in questo senso: 
seguendo il suono, arrivando al contatto del suono, diventando tutt'uno 
con il suono, puoi andare al di là del pensiero ed avere un rapporto 
molto forte con lo Spirito. Quando San Francesco diceva "Fratello Sole, 
Sorella Luna" o parlava con gli uccelli, sentiva la relazione che c'è 
fra tutte le creature. Questa relazione è la presenza di Dio nella 
creazione. La musica è un mezzo di contatto con la dimensione più 
profonda della nostra coscienza". 
Roberto Juri ha scritto il suo 
Te Deum secondo i canoni musicali gregoriani, con un testo del VI° 
secolo. Alla stessa tradizione sacra appartengono i canti (O Redemptor, 
Cantate Domino, Victimae Paschali Laudes) del secondo lato del disco. E'
 un ascolto emozionante. L'avreste detto che è tutto inciso con 
l'elettronica e il computer? 
 Post interamente a cura dell'amico Antonio, compreso suggerimento per intervista
Il buon captain, per metterci del suo, ma non andate a raccontarlo in giro, ha fatto il reup degli altri album di Juri, li trovate QUI e LA'
 


 
 
Grazie Antonio e Captain,grande post !!!!
RispondiEliminada sempre amo Camisasca e sono contento che tu abbia pensato di condividerlo.
RispondiEliminaLa copertina cd l'hai fatta tu? non mi risulta sia mai uscito in quel supporto.....in caso contrario fammi sapere dove l'hai trovato.
Vale la pena di ascoltare anche gli altri album compreso il primo,immaginifico :LA FINESTRA DENTRO
grazie
La copertina è farina del mio sacco, anche se il retro ed il fronte riproducono con sufficiente fedeltà le immagini del vinile. La inlay cover è derivata da un foto del monastero dove soggiornava Juri in quegli anni. Il "Te Deum" non è mai stato editato in digitale... purtroppo. MA credo che la qualità di questi file non sia male... ;-) Antonio
RispondiElimina