TRACKLIST CD 1:
01. Marley Chant
02. Natural Mystic
03. Positive Vibration
04. Revolution
05. I Shot The Sheriff
06. War/No More Trouble
07. Zimbabwe
08. Zion Train
09. No Woman, No Cry
10. Jammin'
TRACKLIST CD 2:
01. Exodus
02. Redemtion Song
03. Natty Dread
04. Work
05. Kaya
06. Roots, Rock, Reggae
07. Is This Love
08. Could You Be Loved
09. Kinky Reggae
10. Get Up, Stand Up
Un evento storico. Ecco come venne definito il grandioso concerto che Bob Marley e i suoi Wailers tennero allo stadio di San Siro a Milano in quel lontano 27 giugno 1980. Gli spettatori furono più di 100.000, record assoluto per i nostri stadi ma anche per lo stesso Bon Marley che non si esibì mai di fronte ad un pubblico così numeroso. Marley tocò due sole città italiane in occasione del "Uprising Tour": Milano, il 27 giugno e Torino (stadio comunale) il giorno successivo. Le immagini di questo post appartengono alle due date italiane.
Sono andato a rileggermi le cronache dell'epoca e, oltre agli articoli che hanno riempito le pagine delle principali testate giornalistiche, ho recuperato alcune testimonianze di coloro che al concerto milanese erano presenti.
Una in particolare, scritta più con il cuore che con la mente , che vi voglio riportare, è opera di Marco Dell'Acqua, pubblicata un po' di tempo fa sul sito "Gli stati generali": "Il 27 giugno il tabù fu violato e 100.000 fiammelle, come avrebbe scritto Antonello Venditti, erano la ad aspettare lui, in un happening fatto di tanti ingredienti: il reggae, il fumo, il caldo, la giovinezza, la gente, l’amore fraterno, lo stadio strapieno, i colori di un’estate accesa e caldissima, ma anche la genuinità. Non c’erano palchi galattici e effetti stratosferici, c’era, però, tutto il resto. Ovvero noi, il pubblico. Variegato e capellone. Ho avuto la fortuna, al tempo ancora inconsapevole, di partecipare alla storia. Io c’ero e Vedevo individui che erano presenti con il corpo, mentre non si capiva dove fossero finite le loro facoltà discriminanti.
Bob, per tutti, era una specie di divinità, tra il laico e il religioso, e fumava e la sua presenza sembrava poter assolvere tutti quelli che lo stavano facendo in quello stesso momento. La partecipazione a quel concerto è stato un vero e proprio rito di passaggio antropologico. Un’educazione sentimentale. Quella esibizione è rimasta talmente impressa nella storia di Milano che, se si dovesse credere a tutti quelli che negli anni successivi hanno detto di aver partecipato, non basterebbe tutta la pianura padana per farceli stare. Ero in campo a pochi metri dal palco, lì sono stato tutto il pomeriggio e da lì ho visto Roberto Ciotti, Pino Daniele (nel suo periodo migliore, quello di Nero a Metà) e il gruppo funky Average White Band.
La giornata era infinitamente lunga e Bob, non arrivava mai. Luci spente, brusio di sottofondo e poi il boato: Medusa Marley and The Wailers erano sul palco, tutti sono impazziti e io, che al tempo non ero tanto alto, ho dovuto abbandonare il casino del prato. L’Africa era al centro, i colori sgargianti dei vestiti delle I Threes e la musica, "All friends we have all friends we lost along the way", era entrata nelle ossa e vibrava nella pelle. Tutto si era svolto con grande ordine, semmai a stupire era stata l’ignoranza (nel senso di non conoscenza) da parte dei media di quel fenomeno, sì giovanile ma ricchissimo di implicazioni come il riscatto, la pace, la leadership politica di un paese come la Giamaica martoriato dagli scontri, la protesta, la dottrina Rasta. Di tutto ciò, ricostruendo la cronaca di allora, non c’era il benché minimo segnale.
Il 1980 è stato un anno di cambiamento. A San Siro si consumava qualcosa che era ancora figlio degli anni 70, della controcultura (se proprio dobbiamo cercare delle etichette grossolane) mentre il decennio successivo sarebbe stato quello del riflusso e con altri temi sociali al centro della scena.
Solo cinque anni dopo ci sarebbe stato il Live Aid, altra tappa fondamentale per la mia generazione: i due eventi, tra di loro così vicini, sembrano invece distanti anni luce se pensiamo alla percezione del clima culturale dei due periodi. Bob Marley ha segnato le storie personali di tutti quelli che quel giorno erano sul prato e sugli spalti, quella fu la sua ultima tournée (trionfale, ma l’ultima); l’anno dopo morì per un cancro alla testa. Ma, come Obi wan Kenobi, la sua morte lo ha reso ancora più potente, più grande. E oggi è amato anche da chi non era neanche nato quando si esibì a Milano. Nessuno dei concerti che sono venuti dopo ha avuto quell'atmosfera immanente, spirituale, di positive vibrations, unica e meravigliosa".
Eravamo in 100.000 (e forse più)
Sono trascorsi 38 anni da quella leggendaria serata e le stelle protagoniste dell'evento sono venute a mancare: Bob Marley nel 1981, Roberto Ciotti nel 2013 e Pino Daniele a inizio 2015. Eppure le musiche di quella sera riecheggeranno per sempre per raggiungere milioni e milioni di orecchie. Probabilmente qualcuno dei nostri lettori era presente al concerto. Li invitiamo a fornire la loro testimonianze attraverso i commenti.
Un altro grande evento musicale caratterizzò quella luminosa stagione concertistica: sto parlando del concerto di Patti Smith a Firenze, il 10 settembre 1979. Prossimamente su queste pagine. E' tutto, Buon ascolto
Post by George
Anche se il Reggae mai ha incontrato i miei gusti musicali, devo ammettere che quel concerto ha fatto la storia.
RispondiEliminaCome ha fatto la storia il concerto di Patti Smith a firenze, il 10 settembre del 1979, al quale IO ERO PRESENTE!!
Aspetto con impazienza il post.
A presto.
C'ero.....anche se non amavo granchè il reggae, trascinato da amici.....musicalmente apprezzai di più gli opening acts....soprattutto gli AWB che avevo già visto in Uk ...e il grande Pino.
RispondiEliminaIl vero spettacolo era il pubblico,cioè noi.....pacifici, sognatori e ben fumati.
Una grande festa, quasi un rito pagano che ha segnato la fine di un'epoca.
Dopo i concerti sono diventato altro.....nulla più a a che vedere con l'impegno, la socializzazione ecc.
Qualche tempo fa ad un concerto tristemente riflettevo sul cambiamento: ai miei tempi si parlava, si diffondevano riviste underground, ci si passava i joint e le birre.....adesso ognuno per sè alienati nel telefonino ,utilizzato per tutta la durata dello show, per messaggiare oltre che per scattare foto e affini.......che tristezza!
Non ho mai amato il reggae, e così pur vivendo a Milano ed avendo partecipato attivamente a molti in concerti, in primis facendo parte del Servizio d'ordine al Concerto di Frank Zappa a Redecesio di Segrate, non andai a questo di Bob Marley, ma capii subito che si stava consumando uno degli ultimi riti musicali che avrebbero fatto la storia della musica live in Italia, segnali di ripresa dopo le disavventure di De Gregori, dei Led Zeppelin, di Santana e pochi ricordano la molotov al Castello al concerto di Lucio Dalla, ma io c'ero. Scrivo queste parole a seguito di quelle di Osel, perchè mi ritrovo totalmente concorde col suo ultimo capoverso, parole che mi hanno suscitato, ahimè, enorme tristezza! Frank - One
EliminaUn bel pò di anni fa, quando giravo per il quartiere con la chitarra sempre al mio seguito, perchè, eventualmente, se incontravo gli amici facevo ascoltare loro qualche brano, adoravo eseguire ''Redemption song'' e qualcuno mi chiedeva anche ''Zimbabwe''. Eh sì Bob l'ho apprezzato molto dalla prima volta che ho ascoltato un suo brano da una radio libera. Grazie George di questo ottimo live, che sto riascoltando con immenso piacere e che già conoscevo e del quale feci a suo tempo una copia per la mamma di una mia collega a cui piaceva molto il reggae di Marley. A proposito, dovrebbe esserci in circolazione anche il bootleg del live a Torino...
RispondiEliminaUn altro momento storico che non poteva mancare sulla stratosfera. Io ero ancora quasi un pischello (11 anni), ma ricordo vivamente come le compagnie più grandi del paese si erano mosse con moltitudini di ragazzi per lò'evento. L'hype era pazzesco, un evento di portata epocale. Grazie infinite caro amico George
RispondiEliminail link non va...si può ripristinare?
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